Terzo settore, una riforma che non sia pro forma

23 maggio 2019

Si è tenuta ieri sera l’assemblea straordinaria dei soci LEALI, che ha visto all’ordine del giorno l’approvazione delle modifiche allo statuto associativo in riferimento all’attuazione del Dlgs. n. 105 del 3 agosto 2018 e alla circolare MLPS del 27 dicembre 2018, che impongono delle linee guida da seguire secondo il codice del terzo settore.

Ora, sicuramente una cosa va sottolineata: la difficoltà più grande da superare quando si pensa alla riforma del terzo settore non è quella di recepire l’idea di prendere delle decisioni giuste, ma di prenderle al momento giusto.

Qui non si tratta di cambiare uno statuto e via.

Se tutte le associazioni di volontariato che del terzo settore fanno parte, continuano a perseguire le proprie abitudini, sottovalutando non poco il ruolo da “operai” che dovranno svolgere, questa riforma non può che essere un bell’esempio di civiltà voluta fortemente da un ministero, ma nulla più.

Condurre un’associazione verso il cambiamento non è la stessa cosa che condurne un’azienda, tuttavia non comporta meno responsabilità.

Noi volontari, noi tutti, abbiamo il dovere di mettere profondamente in discussione il nostro operato, le nostre consuetudini, in vista di un mondo nuovo che si prepara, tenendo ben a mente una cosa: le scelte che prenderemo adesso nel rispetto della riforma del terzo settore non cambieranno la storia delle nostre associazioni solo per qualche anno.

Le scelte fatte la cambieranno per sempre.

Certamente, la convinzione più grande è che niente sarà più possibile senza un cambio di mentalità. Questo non vuol dire che bisogna dimenticare il passato.

Ben vengano le opinioni e le critiche che preparino l’avvenire. Ma che esse siano tanto più oneste quanto più propositive.

Il nostro Paese ha bisogno di un volontariato forte, perché un volontariato forte è un volontariato rispettato ed ascoltato che si adopera per fare della solidarietà un dogma per la popolazione e una garanzia per la vita.

Tuttavia, per riuscire in questo progetto c’è bisogno di serietà di intenti, per rendere gli attori del terzo settore all’altezza delle proprie ambizioni.

Ecco perché una risposta globale che tenga conto dei vari aspetti del volontariato debba essere data soprattutto da noi volontari: non è ammissibile, perché non lo è mai stato, che non si rispettino le regole quando se ne pretende il rispetto. Altrimenti, a cosa dovrebbe servire una riforma?

L’augurio è che il comportamento malsano di certe associazioni di dubbia fattezza si concluda qui, grazie a questo decreto legislativo.

Allora, benvenuta riforma del terzo settore!